Fine

"Accosta un poco".

"Guarda che ci sono gli scogli, a dritta".

"Stanno piu' avanti, accosta altrimenti finisci addosso al faro".

"Diamo motore?"

"Aspetta ancora un attimo, forse ce la facciamo a entrare a vela".

O FORTUNA

Diciassette ore di navigazione sullo stesso bordo di bolina si dimenticano presto davanti all'entrata del porto. E' tardi, ma sulla banchina c'e' chiasso, luci dei bar e fari di auto che sciabolano il mare, appena sfiorato qua e la' da una refola di vento.

Fa ancora freddo, sebbene Aprile si sia gia' fatto sentire nei giorni scorsi; durante la giornata alcuni attimi di sole decisamente caldo hanno invogliato a prendere il sole in maglietta, anche sotto il vento sferzante della bolina stretta. Ma le sere di primavera sul mare sono umide, e dopo il tramonto sono uscite fuori felpe, cerate e berretti di lana.

VELUT LUNA

Il tramonto. Stasera il sole s'e' dato parecchio da fare; enorme e rosso come il carapace di un'aragosta bollita, e' rimasto appeso a un filo invisibile per quella che e' sembrata un'eternita'; il vento in quota, forte, spostava branchi di nuvole che si bagnavano di riflessi rosa sul grigio-azzurro dello sfondo del cielo.

Poco prima che si tuffasse dietro l'orizzonte, Jacopo l'aveva bloccato con il sestante. Ma era inutile; si capiva chiaramente che la terra era vicina, e l'odore di terra dal mare non e' meno forte dell'odore di mare da terra.

"Facciamo due fili di pasta?"

"No, non mi va di cenare a bordo. Piuttosto scendiamo, mangiamo qualcosa e vediamo se si rimedia".

"C'e' vento stanotte".

"Mi sa che si alza mare".

"Non mi frega niente, domani partiamo lo stesso".

"Aspettiamo di sentire cosa dice Pasqualino, dici sempre che lui non sbaglia mai col vento".

"Si va bene, sentiamo pure Pasqualino, ma io voglio partire. Abbiamo la tratta lunga da fare, sono ottanta miglia e ci vorra' tutta la giornata".

"Basta che non si alzi la burrasca mentre siamo fuori".

"Se si alza tanto peggio, io voglio stare in porto domani sera".

"Tu sei matto Jacopo, lo sapevo che non ci dovevo venire con te con questo tempo".

"Vuoi imparare bene ad andare in barca, si' o no? E allora prima o poi la dovrai affrontare una burrasca, no?"

"Si', ma andarsela a cercare mi sembra stupido".

STATU VARIABILIS

Il mattino e' livido, freddo e porta un vento che sferza il porto da ponente. Sembrano le cinque e mezza, il sole e' come se non fosse mai esistito. Caffe' e cornetto al Bar del Porto. In piedi sul bordo della banchina a guardare.

"Pasquali', 'sto vento?"

"Chisto monta e mette a maistro". Pasqualino e' lapidario, ha passato tutta la vita sul mare e non parla mai troppo. Sta rammendando una rete, con gesti scattanti ma muove soltanto le mani, gli avambracci. Il resto del corpo sembra scolpito nel tufo.

"Sara' brutto segno ma noi partiamo lo stesso".

SEMPER CRESCIS

Uscire dal porto con il vento di ponente che spinge verso la spiaggia, e verso gli scogli, e' una scommessa. Ma Jacopo e' un bravo timoniere, e tiene la barca sull'onda con dei colpetti di timone all'orza. In poche ore il mare ha perso tutto il fascino affettuoso e accogliente del porto di sera, ed e' diventato ostile. Un nemico con cui confrontarsi. Peggio: un gigante che si gira nel sonno, minacciando di schiacciarti senza nemmeno accorgersi della tua esistenza. Pian piano il porto scompare: prima la massicciata, poi la banchina, poi il fanale, poi il paese dietro, tutto finisce stipato dietro la linea dell'orizzonte. Due paranze passano accanto alla barca, dirette fuori a gettare le loro reti a strascico sulla secca della Croce.

Cinque ore piu' tardi la burrasca si e' stabilizzata. L'anemometro segna trentasei nodi, e' deciso a non scendere. Le ore passano, ma la barca non fa molta strada. Il mare continua a crescere. Il cielo e' sempre piu' nero. Non si vede terra da nessuna parte, e d'altronde sarebbe quasi impossibile vederla. Le onde sono muri d'acqua, saranno alte otto o nove metri e quando la barca e' nel cavo non si vede nulla se non due pareti d'acqua verde scuro, frastagliata di bianco.

A un tratto, un'onda improvvisa arriva immediatamente di seguito a un'altra. L'imbarcazione si traversa al vento, poi sbanda e straorza; inizia una virata lunghissima, incontrollabile, eterna, che in realta' dura una frazione di secondo nella quale il boma spazza di colpo la coperta, e con una violenza quasi animale colpisce Jacopo sul collo e lo solleva di peso.

AUT DECRESCIS

Paralizzato dall'orrore guardo ammutolito il punto in cui il mare si e' richiuso per sempre spumeggiando sul mio amico. I miei occhi sbarrati urlano lo sgomento che la mia voce non riesce ad esprimere, completamente solo come sono adesso in tutto l'Universo, su una barca che ormai non imparero' mai piu' a portare.

Le onde continuano a palleggiarsi la barca, sembrano non sapersi decidere su cosa farne. Il mare adesso pare essersi schiarito, e sembra attendere con desiderio il sacrificio successivo.

VITA DETESTABILIS

04/12/92
Stefano Toria (mc0170)
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