Storie di un tecnico
(di Stefano Innocenti)
Non avrei mai creduto che un giorno avessi mai avuto una storia da raccontare,
ma spero che i posteri perdoneranno questo sfogo. Venne a trovarmi nel mio
ufficio. Era bella, alta bionda. Aveva un problema sul suo computer casalingo.
Ora anch'io avevo un problema, in ufficio: era seduta dinanzi a me, tenendo le
gambe accavallate. Problemi di memoria forse ? Il computer della Biona non
si accendeva. Mi informai subito se dall' altoparlante uscissero per caso
fischi, e quanti. No, solo un ronzio. Anche il mio stomaco comincio' a
ronzare. Facendo finta di pensare costringevo lo sguardo a rimbalzare tra i
suoi occhi chiari, le sue gambe ed il ritratto di Steve Jobs che tenevo in una
cornicetta d'argento sulla scrivania. Accettai l'incarico naturalmente: sarei
dovuto andare a casa sua, quella sera stessa dopo l' orario di ufficio,
ovviamente. Vederla andare via, ancheggiando, fu uno spettacolo. Telefonai al
mio pusher. Gli alimentatori erano stati sdoganati da poco. Non volevo
rischiare... poteva essere colpa dello switching andato in protezione...
oppure la mother board. Mi sono scordato di chiederle che processore avesse...
Mi era passato per la mente. Colpa delle gambe accavallate. Per andare sul
sicuro preparo un bel 686. No, meglio il 786 con 640 Giga incorporati. Ed una
seriale: non fa mai male. In una tasca porto sempre un altoparlantino, due
cacciaviti e tutto il necessario per la notte. Telefonai alla societa' con
cui avevo un contratto di assistenza. Dovevo farmi sentire, per contratto,
tutte le sere prima di uscire. Un brutto trip questa volta... uno degli
ultimi 886 che avevano comprato era sotto choc. Di nuovo una crisi
esistenziale. A causa del solito baco di una routine cartesiana dell'ultima
versione di Pascal, la cpu, una volta presa coscienza della sua esistenza,
riteneva di essere una stampante. Non accettava altri input che un foglio di
carta nel lettore di CD ROM. Un brutto caso. Rassicurai l'EDP manager che
sarei intervenuto il giorno dopo. Gli suggerii comunque di inserire
esclusivamente fogli di carta velina per evitare di rovinare il motore.
Sbattei giu' la cornetta. Diavolo! Dovevo comunque risolvere il caso del
ronzio della Bionda. Inforcai, una volta sceso in strada, la moto giapponese
con le testine parcheggiate contro mano. Accelerai con una sgassata rumorosa
che quasi mi face cadere la tastiera che sostenevo sotto l'ascella sinistra.
Il vento e lo smog carezzavano i miei capelli impregnandoli di idrocarburi,
aromatici per fortuna. Il mouse che tengo sempre legato al parafango
posteriore iniziava a sfrigolare per l' attrito sull'asfalto. Una curva in
derapata fece si' che lo mandassi ad attorcigliarsi ad un lampione. Squitti'
di dolore. Non m' importava... La Bionda mi stava aspettando. Giunsi a
destinazione su di una ruota sola con il tasto del turbo premuto. Ero ormai
senza wait state. La voce digitalizzata dal citofono SCSI proruppe nel
silenzio della notte, interrotto solo da una dozzina di antifurti gracchianti.
- Sono il tecnico! - Urlai. Il tasto funzione sull'uscio chiamo' una macro di
controllo di presenza sullo zerbino: - Din don! - La Bionda era generosamente
offerta alla mia vista in tutta la sua presenza. Il coprocessore mi entro' in
funzione. 90 60 90... calcolai (secondo le curve di Bezier, Lissejeux e
Tartaglia), il calcolabile. Aree, volumi con e senza virgola fluttuante
secondo geometrie della retta e del piano, euclidee e non. Mi sorrise, con
tutti i suoi denti bianchi, ed erano tanti. Una musica, naturalmente
sintetizzata, veniva diffusa tra le pareti. Mi ricordava i momenti piu' belli
passati con i videogame della GIUCASFILM. L'odore che reputai essere INTEL n.5
giunse alle mie narici stimolando ancor di piu', nel caso ce ne fosse bisogno,
la mia fantasia e le mie secrezioni ormonali. Mi rividi bambino in braccio a
PAC WOMAN durante un download di latte. Mi rilassai, nonostante tutto. La
Bionda scanso', con un movimento teatrale e sensuale, un drappeggio che
nascondeva allo sguardo cio' che si trovava al di la' di un arco scavato
nell'intonaco. Eravamo al dunque. Era la stanza del computer. Vidi, con un
groppo alla gola, un letto rotondo, che in passato avevo osservato solo in
alcuni ipertesti porno svedesi. Sotto un baldacchino pesante di velluto rosso,
il letto sembrava invitare chiunque passasse nei dintorni. La temperatura
sembro' innalzarsi verso limiti insopportabili. La Bionda si adagio' con
mosse feline sul letto, come solo in film degli anni '30 si poteva vedere
l'uguale. Una coscia si estrapolo' dall'onnipresente spacco della vestaglia
mentre si passava una mano tra i capelli. Penso che chiunque nella mia
situazione, e con il firmware giusto, si sarebbe potuto sentire in paradiso.
Ma... La Bionda, facendo scorrere ancor piu' su la vestaglia, indico' un
angolo della stanza che finora era rimasto inesplorato dal mio sguardo.
- Ecco il cattivone che non vuol piu' funzionare, ma prima si segga qui vicino
a me... - disse con voce triste, rauca ed invitante.
E mi apparve un C64 poggiato su un tavolino di marmo rosa, con accanto i suoi
bravi televisore, registratore a cassette e un joystick. - Mi dispiace - dissi
con amarezza nel tono, - ma io riparo solo IBM e compatibili. Buonasera... -
E mi diressi, deluso, verso l'uscita. Forse un bicchiere, o un portacenere, a
sentire il rumore, si infranse sulla porta dopo che me la richiusi alle
spalle. Era cominciato a piovere, mi tirai su il bavero del giaccone ed
inforcai la mia fedele moto giapponese. Sperai che la pioggia non potesse
bagnarmi la tastiera estesa che tenevo riposta in tasca. Peccato, pensai, che
si trattasse di un C64... avevo portato un floppy con un programmino a luci
rosse per scaldare l'atmosfera e testare la scheda video. Roba da alta
risoluzione. Veramente peccato! Tolsi i wait state e resettai, la moto
rispose con un ruggito che fece zittire gli antifurti.
